E’ proprio con chi viviamo ogni giorno che si insidia il rischio di perdere i confini.
Voler bene a qualcuno, amare un figlio porta talvolta a eccedere nella generosità.
Su questo aspetto ne hanno la peggio sopratutto le donne che con l’istinto materno si donano anche quando avrebbero più bisogno di donare generosità a se stesse.
Diventa faticoso e anche doloroso dire i propri NO anche quando si sa che i NO sono necessari.
Il NO che si pone ad un figlio nasce quando chi abbiamo dall’altra parte non si rende conto che sentirsi amati richiede gratitudine e rispetto.
Amare è donare e quando il dono diventa eccesso ci si sente svuotati.
Questo è il sintomo che ci dice che è arrivato il momento di volgere l’attenzione a se stessi, per recuperare la giusta dimensione affinchè non nascano aspettative verso l’altro.
L’autocompassione è una strada che aiuta ad avere considerazione di sè, a nutrire quel bene e quel rispetto che vorremmo ricevere proprio da chi stiamo amando con tanta intensità.
Di fatto l’amore nasce prima verso noi stessi altrimenti può essere scambiato, senza volerlo, con il “bisogno di amare”.
Sono temi delicati, confini sottili, significati profondi.
Più che soffermarci e opinare o cercare ragioni è possibile una strada più morbida, priva di giudizio e capace di osservare ed accettare.
Volgere l’attenzione a se stessi e osservare come ci amiamo, quali doni facciamo ogni giorno a noi stessi, come nutriamo il nostro corpo, la nostra alimentazione e il nostro pensiero.
Ci sorprenderemo nel notare che siamo più abili a preoccuparci degli altri che semplicemente amarli.
Preoccuparsi significa andare oltre, fuggire in avanti o rodersi per un senso di colpa, un’aspettativa che potrebbe deludere. Ma questo non è amore….
Volgiamo lo sguardo a noi coltivando la gentilezza, non per egoismo ma per imparare ad amare di più…